IL COLLEGIO ARBITRALE 
 
    Arbitrato: S.I.PER. - Societa' Immobiliare  Perginese  s.n.c.  di
Ferruccio Pegoretti & C / Ferruccio Pegoretti. 
    Nel  procedimento  arbitrale  promosso  da  S.I.PER.  -  Societa'
Immobiliare Perginese s.n.c. di Ferruccio Pegoretti & C. corrente  in
Pergine Valsugana (Trento) v. Crivelli, 3 (C.C.I.A. n. 86663 - C.f. e
p.i.  0031260222)  in   persona   degli   amministratori   e   legali
rappresentanti Zanei Giovanni e Zanei Guido, rappresentata  e  difesa
dall'avv.   Claudia   Vettorazzi   del   foro    di    Trento    (pec
avvclaudiavettorazzi@recapitopec.it)  ed  elettivamente   domiciliata
presso lo studio di quest'ultima  in  Trento,  v.  Dei  Travai,  130,
attrice; 
    Nei  confronti  di  Ferruccio  Pegoretti  residente  in   Pergine
Valsugana (Trento) v. Padova, 2, C.f. PGRFRC45B04G452C, rappresentato
dagli         avv.ti         Enrico          Giammarco          (pec:
avvenricogiammarco@recapitopec.it)   e    Michele    Russolo    (pec:
avvmichelerussolo@recapitopec.it) del foro di Trento ed elettivamente
domiciliato preso lo studio di questi  in  Trento,  v.  Grazioli,  6,
convenuto. 
    Collegio Arbitrale composto da: 
        prof.   avv.   Maurizio   De   Acutis,   Presidente,    (pec:
maurizio.deacutis@ordineavvocatipadova.it); 
        avv.     Paolo     Maria      Cape',      Arbitro,      (pec:
paolocape@legalmail.it); 
        dott.       Paolo       Piccoli,        Arbitro,        (pec:
paolo.piccoli@postacertificata.notariato.it); 
        Sede dell'arbitrato presso il prof. avv. Maurizio De  Acutis,
in Padova, p.zza De Gasperi, 47. 
    Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale 
    Il Collegio, premesso che: 
        il  presente  arbitrato  prendeva  avvio  da  un   precedente
giudizio, rubricato sub 772/10 R.G., instaurato innanzi al  Tribunale
di Trento con atto di citazione notificato  dalla  S.I.PER.  Societa'
Immobiliare Perginese s.n.c (d'ora innanzi per brevita'  S.I.PER)  al
sig. Pegoretti Ferruccio in data 1° marzo  2010,  (cfr.  doc.  24  di
parte convenuta) e conclusosi con la sentenza n.  894/11,  depositata
in data 10 novembre 2011, in forza della quale l'anzidetto Tribunale,
rilevato che lo statuto della societa' attrice prevedeva all'art.  14
una clausola compromissoria che imponeva di devolvere ad un  collegio
arbitrale tutte le liti riguardanti i rapporti tra la  societa'  e  i
soci, e altresi' rilevato che  detta  clausola  era  da  considerarsi
valida ai sensi degli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 5/2003,  dichiarava
l'improponibilita' della domanda attorea; 
        S.I.PER. dava quindi inizio  al  presente  arbitrato  rituale
mediante la notifica, in data 23  ottobre  2012,  al  sig.  Ferruccio
Pegoretti di atto di nomina di arbitro, giusta il quale indicava come
arbitro  di  parte  l'avv.  Paolo  Maria  Cape'  e,  contestualmente,
formulava al Collegio i seguenti  quesiti:  «Quesito  n.  1  Dica  il
Collegio se  accertata  e  dichiarata  la  responsabilita'  del  sig.
Pegoretti per le ragioni in fatto e in diritto esposte in  narrativa,
lo stesso vada condannato  a  rifondere  a  S.I.PER.  tutti  i  danni
patiti, oltre a interessi e/o rivalutazione, per mera approssimazione
- atteso che l'importo allo stato non e' recisamente quantificabile -
e salvo piu' approfondita indagine anche  a  mezzo  di  apposita  CTU
ricostruttiva, quantificati in non meno di € 8.587.917,99, ovvero  la
minore o la maggiore [somma che] dovesse essere accertata in corso di
causa, in ogni caso con rivalutazione e/o  interessi;  Quesito  n.  2
Dica il Collegio se accertata e  dichiarata  la  responsabilita'  del
sig. Pegoretti per le ragioni  in  fatto  e  in  diritto  esposte  in
narrativa, lo stesso debba esser condannato  in  ragione  della  mala
gestio nei confronti di S.I.PER.  al  risarcimento  e/o  rifusione  a
quest'ultima, per mera approssimazione - atteso  che  l'importo  allo
stato non e' precisamente quantificabile - e salvo piu'  approfondita
indagine anche a mezzo di apposita CTU ricostruttiva, dell'importo di
non meno di € 8.587.917,99, ovvero la minore  o  la  maggiore  [somma
che] dovesse essere accertata in corso di causa,  in  ogni  caso  con
rivalutazione e/o interessi. Quesito n. 3  Dica  il  Collegio  se  le
spese, le competenze e gli onorari del  presente  giudizio,  compresi
quelli che saranno dovuti per il funzionamento del collegio arbitrale
medesimo, debbano essere posti a carico  della  parte  convenuta,  in
virtu' del principio di soccombenza.»; 
        a sostegno delle domande su riportate S.I.PER.  esponeva  che
il sig.  Pegoretti  sin  dalla  fondazione  della  societa'  attrice,
avvenuta nel 1976 per opera dello stesso convenuto e dei  soci  Zanei
Dario, Zanei Guido e Zanei Giovanni, aveva svolto insieme allo  Zanei
Dario l'incarico di amministratore; esponeva,  altresi',  che  grazie
alle modifiche apportate allo statuto con delibera  del  1°  dicembre
1982, i  due  anzidetti  amministratori  erano  stati  autorizzati  a
compiere  disgiuntamente  tutti   gli   atti   inerenti   l'ordinaria
amministrazione; rilevava altresi' che, a seguito della  morte  dello
Zanei Dario, l'intera amministrazione  veniva  presa  in  carico  dal
convenuto, in quanto gli altri due soci, vuoi per pregressi  rapporti
di  amicizia,  vuoi  perche'  impegnati  nelle  rispettive  attivita'
imprenditoriali,   avevano    affidato    al    Pegoretti    l'intera
amministrazione della  societa'.  Secondo  la  difesa  S.I.PER.,  nel
periodo intercorso tra il 1976 e il giugno 2008, ovvero il periodo in
cui aveva svolto l'attivita' di amministratore fino  alla  revoca  di
cui si dira' appresso, il convenuto avrebbe compiuto  gravi  atti  di
mala gestio e in particolare: 
          a) avrebbe deliberato, senza il consenso degli altri  soci,
di liquidare agli eredi dello Zanei  Dario  le  quote  che  a  questi
sarebbero spettate in via successoria; 
          b) avrebbe ceduto ad un prezzo vile alcuni immobili siti in
Novaledo (Trento) p.ff. 911/4, 913/4, 915/4,  919/6,  916/1,  ad  una
societa',  la  Petrarca  s.r.l.,   di   cui   era   unico   socio   e
amministratore; 
          c) avrebbe venduto, all'oscuro degli  altri  soci  e  a  un
prezzo molto inferiore al  reale  valore  di  mercato  diversi  altri
immobili di proprieta' di S.I.PER.; 
          d)   avrebbe   affittato   gli   immobili   di   proprieta'
dell'attrice individuati catastalmente come p.ed 129 e 131 in  CC  di
Pergine   Valsugana   facendo   pagare   un   canone   di   locazione
considerevolmente  inferiore  al  quello  di  mercato   e   in   piu'
riscuotendo in contanti le somme anzidette, che  in  parte  sarebbero
state distratte dalla Societa'; 
          e) avrebbe omesso di riscuotere il canone  di  affitto  del
capannone  di  proprieta'  della  S.I.PER.  e  ubicato   in   Pergine
Valsugana; 
          f) avrebbe pagato, per conto  di  S.I.PER.,  al  geom.  Dal
Dosso, somme a titolo di compenso per l'attivita'  di  amministratore
dei condomini di proprieta' della medesima societa',  non  dovute  in
quanto lo stesso non aveva i requisiti per svolgere detta attivita' e
comunque esorbitanti per la natura dell'attivita' medesima; 
          g) per conto di  S.I.PER.  avrebbe  affidato  incarichi  al
figlio Paolo Pegoretti, mai autorizzati dagli altri  soci,  caricando
la societa' dei connessi oneri; 
          h) si  sarebbe  liquidato  un'ingente  somma  a  titolo  di
compenso per l'attivita' di amministratore, senza  autorizzazione  da
parte degli altri soci; 
          i) avrebbe pagato alla sig.ra Paoli Rosalia somme a  titolo
di retribuzione per  attivita'  di  collaborazione  mai  prestata  in
realta'; 
          l) non avrebbe incassato dai conduttori, nel periodo tra il
1993 e il 2008, le somme dovute per le utenze di luce, acqua  e  gas,
tutte invece regolarmente  addebitate  alla  S.I.PER.  da  parte  dei
gestori; 
          m) tra il marzo e l'aprile 1996, avrebbe usato somme  della
S.I.PER. per acquistare a titolo personale alcuni fondi in Comune  di
Novaledo; 
          n) avrebbe contratto  per  conto  della  S.I.PER.  un  muto
ipotecario, senza che le somme cosi' ottenute fossero usate a  favore
della societa'; 
          o)  nonostante  la  revoca  giudiziale   dall'incarico   di
amministratore, disposta dal Tribunale di Trento  cfr.  sentenza  del
dott. Adilardi di data 23 luglio 2008 e, a  definizione  del  reclamo
del sig. Pegoretti, sentenza del Collegio, di data 4 settembre  2008,
qui prodotti come docc. 9 e 10 di parte attorea)  avrebbe  continuato
per tutto l'anno 2008 a operare come amministratore  della  S.I.PER.,
anche tramite il geom. Dal Dosso; 
          p) avrebbe concesso a societa' a lui riferibili di usare  a
titolo gratuito, senza il  consenso  degli  altri  soci,  stabili  di
proprieta' di S.I.PER.; 
          q) avrebbe sostenuto per conto di S.I.PER. spese per lavori
di ristrutturazioni mai  effettuati  sugli  immobili  della  societa'
medesima; 
          r) avrebbe omesso di effettuare il pagamento dell'ICI sugli
immobili di proprieta' dell'attrice cosicche' la  stessa  si  sarebbe
trovata a dover pagare le relative sanzioni; 
          s) avrebbe causato in capo a S.I.PER., mediante  operazioni
bancarie non autorizzate, un grave indebitamento  nei  confronti  del
ceto bancario; 
          t) avrebbe, infine, omesso di distribuire tra  i  soci  gli
utili postati a bilancio, sui quali i soci medesimi avrebbero in ogni
caso versato le relative imposte; 
        il sig. Pegoretti aderiva alla procedura arbitrale con  «atto
di nomina di arbitro di parte», notificato  a  mani  il  12  novembre
2012, in forza del quale nominava  proprio  arbitro  il  dott.  Paolo
Piccoli,  notaio  in  Trento,  e  contestava   tutte   le   deduzioni
avversarie,  riservando  di  costituirsi  nel  procedimento  con   il
deposito di una successiva memoria  al  fine  di  meglio  esporre  le
proprie difese; 
        all'udienza  del  27  febbraio  2013,  le   parti   anzidette
sottoscrivevano l'atto di  costituzione  del  Collegio  arbitrale  in
virtu' del quale tra le altre  cose,  confermavano  la  nomina  degli
arbitri nonche' la devoluzione in arbitrato della lite giusta art. 14
dello Statuto  della  S.I.PER.,  accettavano  le  regole  procedurali
indicate dagli arbitri medesimi  e  confermavano  la  natura  rituale
dell'arbitrato; 
        quindi con la  memoria  autorizzata  depositata  in  data  25
aprile 2013, il convenuto formulava le seguenti domande:  «Voglia  il
collegio arbitrale, 1) in via pregiudiziale  di  merito:  respingere,
per intervenuta prescrizione, che formalmente si eccepisce, ex  artt.
2947 e 2949 c.c. la domanda nella parte in cui trae origine da  fatti
e  circostanze  verificatisi  in  data  anteriore   al   quinquennio,
decorrente a  ritroso  dal  1°  marzo  2010,  data  di  notificazione
dell'atto introduttivo della causa promossa da S.I.PER.  snc  innanzi
al  Tribunale  di  Trento  e  per  l'effetto   in   via   istruttoria
disattendere ogni richiesta istruttoria di  prova  orale  o  volta  a
promuovere l'attivita' di consulenti tecnici, in relazione a fatti  o
circostanze temporalmente collocate in data anteriore al quinquennio.
2)  nel  merito:  respingere  per  infondatezza  la  domanda,  quando
relativa a fatti e circostanze rispetto alle quali non  sia  maturata
prescrizione e, in via subordinata, nel non creduto caso di reiezione
dell'eccezione di prescrizione a. respingere nel  merito  la  domanda
dell'attrice, come dettagliata nei capi da b)  a  w)  pag.  8  e  ss.
dell'atto di nomina di arbitro S.I.PER. di data  29  settembre  2012,
per infondatezza, ovvero, nei casi volta  per  volta  indicati  nelle
difese,  per  l'assenza  di  legittimazione  attiva  dell'attrice   o
nullita', per indeterminatezza assoluta di petitum e  causa  petendi,
b. respingere nel merito la domanda dell'attrice dettagliata nel capo
a) dell'Atto di nomina d arbitro S.I.PER. di data 29 settembre  2012,
incontestata l'originaria annullabilita' dell'atto  di  compravendita
del 4 maggio 2004,  per  avere  il  Pegoretti  in  rappresentanza  di
S.I.PER. snc stipulato, contraendo  con  se  stesso,  in  difetto  di
autorizzazione del  rappresentato  -  avuto  riguardo  alle  seguenti
circostanze: (i) l'assenza di concreto pregiudizio  patrimoniale  per
la societa' S.I.PER. snc, in regione delle modalita' con le quali  ad
essa i fondi pervennero, nei termini illustrati nelle difese  e  (ii)
il  fatto  che  l'eventuale  pregiudizio  derivato  dalla  definitiva
perdita della proprieta' dei fondi  e'  conseguito  dalla  scelta  di
S.I.PER. snc di non proporre, nel termine di  prescrizione,  l'azione
di annullamento della compravendita che avrebbe consentito  la  certa
retrocessione dei fondi e quindi  dovuta  a  fatto  proprio.  In  via
riconvenzionale: accertare e dichiarare che S.I.PER. snc e' tenuta ai
sensi dell'art. 2261 c.c.  a  consentire  a  Pegoretti,  socio  della
stessa, di prendere conoscenza  degli  affari  correnti  ed  eseguire
ispezioni nella documentazione sociale e, accertata  l'illegittimita'
del diniego opposto al  Pegoretti  per  l'esercizio  di  tali  propri
diritti, condannare S.I.PER. a consentire  l'accesso  del  Pegoretti,
direttamente  o   tramite   professionista   a   sua   scelta,   alla
documentazione sociale, entro  un  termine  che  il  Collegio  vorra'
prescrivere. In  via  riconvenzionale:  accertare  e  dichiarare  che
S.I.PER. snc in forza  dell'art.  2261,  comma  2  c.c.  ed  in  base
all'art. 10 del contratto sociale e' tenuta a formare e sottoporre al
socio Pegoretti uno stato patrimoniale e un conto economico  relativo
all'esercizio 2011 e, per quanto occorrer possa, dell'esercizio  2012
e, accertato l'inadempimento a tale obbligo, condannare S.I.PER.  con
lodo arbitrale, a comunicare al socio  Pegoretti  il  bilancio  della
societa' per l'esercizio  2011  e,  occorrendo,  dell'esercizio  2012
entro  un  termine  che  il  Collegio  vorra'  prescrivere.  In   via
riconvenzionale: quale giudice arbitrale del procedimento di  merito,
in relazione  al  quale  la  societa'  ha  agito  in  via  cautelare,
condannare S.I.PER. a risarcire al sig. Pegoretti, ex art. 96 comma 2
c.p.c., il  danno  derivante  dall'esecuzione  del  provvedimento  di
sequestro concesso dal G.D. del Tribunale di Trento, inaudita  altera
parte, prima del successivo provvedimento di revoca,  accertando  che
la societa' ha agito con colpa grave, condannare inoltre  o  comunque
S.I.PER. ai sensi dell'art.  96,  comma  3  c.p.c.,  determinando  in
entrambi i casi d'ufficio la somma dovuta. Porre a carico di S.I.PER.
snc  l'onere  del  corrispettivo  degli  arbitri  e  delle  spese  di
arbitrato per l'intero  ammontare,  condannandola  alla  rifusione  a
favore del Pegoretti della quota di corrispettivo e spese che  questi
avra' anticipato; Condannare S.I.PER. snc a rifondere  al  Pegoretti,
in base al criterio di cui  al  punto  5,  le  spese  di  difesa  del
procedimento.»; 
        sul  tema  specifico  della   prescrizione   dell'azione   di
responsabilita',  la  difesa  del  Pegoretti  rilevava  che  l'azione
proposta dalla societa' in nome collettivo nei confronti del  proprio
amministratore e' esercizio di un diritto afferente  ad  un  rapporto
sociale, per  il  quale  l'art.  2949  c.c.  prevede  un  termine  di
prescrizione di 5 anni.  Pertanto,  calcolando  il  predetto  termine
quinquennale a ritroso dalla data del primo atto interruttivo, ovvero
la data di notifica  dell'anzidetto  atto  di  citazione  innanzi  al
Tribunale di Trento, tutti i  fatti  antecedenti  al  1°  marzo  2005
dovevano considerarsi  prescritti.  Ne'  detto  effetto  interruttivo
poteva essere evitato, a parere del patrocinio della parte convenuta,
invocando l'applicazione dell'art. 2941, comma  7  c.c.,  in  quanto,
sebbene la Corte costituzionale  con  la  sent.  n.  322/1998  avesse
esteso l'applicabilita' della norma in  parola  ad  una  societa'  di
persone, ovvero la s.a.s., l'applicazione analogica anche alle s.n.c.
della norma medesima  era  da  escludersi  in  virtu'  della  diversa
struttura  e  dei  diversi  rapporti  tra  soci   e   amministratori,
caratterizzanti i due tipi di societa'; 
        il  patrocinio  della   parte   denunziante   (cfr.   memoria
depositata in data 14 maggio 2013), sul medesimo tema, replicava che,
invece, la sentenza n.  322/1998  della  Corte  costituzionale  aveva
affermato un principio di carattere generale in forza del  quale  era
possibile  estendere   anche   alle   s.n.c.   l'applicazione   della
sospensione del termine prevista all'art. 2941, comma 1, n. 7 c.c. In
particolare l'attrice faceva riferimento al seguente passaggio  della
decisione: «... ed e' del pari noto che le cause di sospensione  sono
suddivise dal codice in due categorie a seconda che siano  costituite
da una speciale relazione giuridica esistente  tra  il  titolare  del
diritto ed il soggetto passivo o da una  condizione  particolare  del
titolare del diritto. Nella prima categoria e' contemplata  la  causa
di sospensione prevista  dalla  norma  denunciata  la  quale  sarebbe
giustificata dalla circostanza che  la  permanenza  in  carica  degli
amministratori viene, di fatto, ad  ostacolare  la  possibilita',  in
capo alla persona giuridica, di acquisire una  piena  conoscenza  del
loro operato e, conseguentemente, di valutare se  gli  amministratori
siano  incorsi  in  violazioni  dei  loro  obblighi   rilevanti   per
l'esercizio  dell'azione  di  responsabilita'.  Mentre,  secondo  una
diversa tesi dottrinale, formulata sotto il vigore del codice  civile
del 1865, la ratio  della  sospensione  della  prescrizione  andrebbe
individuata  per  la  societa'  commerciale  nell'identita'  che   si
verrebbe a determinare nell'esercizio dell'azione di  responsabilita'
tra la persona che  dovrebbe  agire  e  quella  contro  cui  l'azione
dovrebbe essere  rivolta.  Si  e'  detto,  infatti,  che  essendo  la
societa' commerciale, come  persona  giuridica,  rappresentata  dagli
amministratori,  questi,  se  dovessero  agire  contro   se   stessi,
riunirebbero in se' la duplice qualita' di attori (in senso  formale)
e di convenuti. Indipendentemente dall'opinione  che  si  ritenga  al
riguardo preferibile, una ratio identica a quella posta a base  della
norma  denunciata  ricorre  anche  per  la  societa'  in  accomandita
semplice che,  come  quelle  dotate  di  personalita'  giuridica,  e'
gestita da uno o piu' amministratori che agiscono  per  la  stessa  e
che, dunque, sono responsabili per  la  inosservanza  degli  obblighi
posti a loro carico dalla legge o dal contratto sociale. Se,  dunque,
la  ratio  della  sospensione  della   prescrizione   e',   comunque,
riferibile   al   rapporto   gestorio   che    lega    la    societa'
all'amministratore, e' evidente come resti del  tutto  irrilevante  a
tal fine che si tratti di una societa' avente personalita'  giuridica
o - come nel caso sottoposto all'esame del giudice a  quo  -  di  una
societa' in accomandita semplice. La diversita' di disciplina che  il
legislatore detta per le societa' di capitali e per  la  societa'  in
accomandita semplice in tema di azione di responsabilita' e di revoca
dell'amministratore non  risulta  d'altro  lato  in  contrasto,  come
rilevato anche dalla Corte rimettente, con la ricorrenza in  tutti  i
suddetti  tipi  societari  di  una  identica  ratio  legittimante  la
sospensione della prescrizione e, dunque,  con  l'omogeneita',  sotto
tale aspetto, della  societa'  in  accomandita  semplice  rispetto  a
quelle di capitali  ...».  Quindi,  secondo  la  difesa  attorea,  il
Giudice delle Leggi aveva definitivamente superato  l'interpretazione
tradizionale in forza della quale non era  possibile  estendere  alle
societa' di persone la norma sulla sospensione della prescrizione  in
quanto nell'art. 2941, comma 1, n. 7, vi e' un  espresso  riferimento
alle societa' con  personalita'  giuridica,  e  tale  attributo,  per
consolidata opinione, non  era  ritenuto  sussistente  in  capo  alle
societa' di persone. Sempre secondo il patrocinio attoreo, dunque, se
la Corte si era pronunciata unicamente con riferimento alle  societa'
in accomandita semplice, cio', era da attribuirsi al solo  fatto  che
il  caso  specifico  sottoposto  dal  giudice  rimettente  (Corte  di
Cassazione ord. n. 176/1997) riguardava i rapporti tra  una  societa'
in accomandita ed un suo amministratore; 
        sul punto, l'attrice, in principalita', chiedeva al  Collegio
di applicare analogicamente la norma dell'art. 2941, comma 1,  n.  7,
alla fattispecie  in  esame  e  di  rigettare  cosi'  l'eccezione  di
prescrizione sollevata dal Pegoretti. In  via  gradata,  nell'ipotesi
cioe'  in  cui  detta  norma  non   fosse   ritenuta   analogicamente
applicabile,  l'attrice   sollevava   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 2941, comma 1, n. 7 c.c. in riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui  la  stessa  norma
non prevede la sospensione della  prescrizione  tra  le  societa'  di
persone, e nello specifico le societa'  nome  collettivo,  e  i  loro
amministratori. Detta differenza di trattamento,  secondo  l'attrice,
risulterebbe irragionevole e  quindi  discriminatoria  in  quanto  la
ragione  che,  in  base  all'opinione  consolidata,   giustifica   la
sospensione della prescrizione, ovvero la particolare  relazione  tra
gli amministratori e la societa', sarebbe ancora piu' incisiva  nelle
societa' di persone, laddove il vincolo personale e' piu' forte  e  i
condizionamenti piu' agevoli e frequenti; 
        con  ordinanza  pronunciata  all'esito  dell'udienza  del  27
maggio 2013, il Collegio, ritenuto che l'eccezione di prescrizione ai
sensi dell'art. 2941, comma 1, n.  7  c.c.  sollevata  dal  convenuto
Pegoretti era tale, potenzialmente,  da  definire,  seppure  solo  in
parte, il giudizio e ritenuto,  per  contro,  di  dover  valutare  se
l'eccezione di incostituzionalita' della norma succitata sollevata da
parte della attrice fosse rilevante e non  manifestamente  infondata,
rinviava la causa all'udienza del 25 giugno 2013 per la  precisazione
delle conclusioni sulla questione succitata,  assegnando  alle  parti
termine sino al  17  giugno  2013  per  il  deposito  di  brevi  note
conclusionali sul punto; 
        le parti, quindi,  con  il  deposito  delle  note  anzidette,
definitivamente  precisavano  le  rispettive   posizioni   sul   tema
dell'applicabilita' della sospensione  della  prescrizione  e,  nello
specifico, S.I.PER., richiamando gli  argomenti  gia'  esposti  nella
memoria del 14 maggio 2013, ulteriormente  rilevava  che  a)  poiche'
comunemente si ritiene che la causa di sospensione della prescrizione
sarebbe da ricollegare al  fatto  che  nelle  societa'  di  capitali,
quando gli amministratori sono in carica, non sarebbe possibile avere
piena conoscenza del loro operato, si  dovrebbe  altresi'  concludere
che la medesima situazione si ripropone, forse in maniera ancora piu'
marcata, nel caso delle societa' di persone; b) nel caso  di  specie,
l'amministrazione era disgiunta e non affidata a tutti i soci  bensi'
al sig. Pegoretti con durata a tempo  indeterminato,  quindi  sarebbe
stato difficile per i sig.ri Zanei poter avere piena  contezza  delle
operazioni compiute  lungo  gli  oltre  trent'anni  di  attivita'  di
amministratore  da  parte  del  convenuto;  c)  di   conseguenza   la
sospensione del termine rappresenterebbe un giusto bilanciamento  dei
diritti  dei  soci  in  contesti,  come  quello  in  discussione,  di
cristallizzazione del potere di  amministrare  e  di  difficolta'  ad
esercitare un controllo efficace; d) in ogni caso, al fine di provare
l'omogeneita' dei due tipi di societa' in parola,  avrebbe  efficacia
dirimente  l'art.  2315  c.c.  che  prevede  che  alla  societa'   in
accomandita semplice si  applichino  le  disposizioni  relative  alle
societa' i nome collettivo, in quanto compatibili. 
    Il patrocinio del Pegoretti per contro rilevava che a)  la  norma
di cui all'art. 2941, n. 7 c.c. non potrebbe ritenersi analogicamente
applicabile  alle  societa'  in  nome  collettivo,   in   quanto   si
tratterebbe, secondo interpretazione costante, di norma eccezionale a
tassativa;  b)  l'eccezione  di  incostituzionalita'   sollevata   da
controparte  se  pur  rilevante,  dovrebbe  in  ogni  caso  ritenersi
manifestamente infondata in quanto i. la Corte costituzionale con  le
sent. 322/1998 avrebbe pronunciato l'incostituzionalita' della  norma
ridetta solo nella parte in cui la  stessa  non  risulta  applicabile
alle sas, e non invece con riferimento a tutti gli enti sprovvisti di
personalita' giuridica, e cio' in base alla considerazione che  nelle
societa' in accomandita semplice vi sarebbe uno speciale assetto  dei
rapporti tra amministratori  e  soci  che  renderebbe  tale  tipo  di
societa' del tutto affine ad una societa' di  capitali.  Infatti,  in
questo tipo di societa' i  soci  accomandanti  non  possono  svolgere
attivita' gestoria,  che  invece  e'  pienamente  demandata  ai  soci
illimitatamente responsabili tra  i  quali  soltanto  possono  essere
scelti gli  amministratori,  e  in  piu'  hanno  limitati  poteri  di
controllo, ovvero in sostanza, hanno solo  il  diritto  di  avere  un
rendiconto della gestione. Queste caratteristiche accomunerebbero  le
sas alle societa' a responsabilita' limitata, nelle quali vi  e'  una
netta separazione tra i poteri e le responsabilita' dei soci e  degli
amministratori, e, almeno secondo  l'interpretazione  del  patrocinio
convenuto, i poteri di controllo dei soci sono grandemente  limitati.
ii. Per contro, nelle societa' in nome collettivo, sebbene vi sia  la
possibilita' con delibera unanime di affidare l'amministrazione  solo
ad alcuni dei soci, vi  sarebbe  una  tendenziale  coincidenza  delle
persone dei soci e degli amministratori, nonche' tendenzialmente  una
durata  illimitata  nell'incarico  di  socio.   Non   solo,   laddove
l'amministrazione  e'  affidata  solo  ad  alcuni  soci,  agli  altri
sarebbero attribuiti  per  legge  penetranti  poteri  di  indagine  e
verifica sull'attivita' degli amministratori e della  societa'.  iii.
pertanto, queste caratteristiche che, da una  parte,  accomunerebbero
la sas  agli  enti  con  personalita'  giuridica  e,  dell'altra,  la
differenzierebbero  nettamente  da  una  snc,  rappresenterebbero  la
ragione per cui la Corte costituzionale avrebbe ritenuto  estensibile
la norma sulla sospensione della prescrizione alle sole  societa'  in
accomandita. Per le  stesse  ragioni  non  sarebbe  quindi  possibile
invocare una disparita' di trattamento  tra  due  situazioni  uguali,
sanzionabile quindi per violazione all'art. 3  Cost.,  in  quanto  le
differenze strutturali tra le due  tipologie  di  societa'  sarebbero
tali da legittimare l'applicazione di una  diversa  disciplina  sulla
prescrizione. c) Infine, l'eccezione di costituzionalita' sarebbe  da
rigettare anche con riferimento all'art. 24 Cost.  in  quanto,  fermi
restando i poteri di vigilanza dei soci, anche  nel  caso  di  doloso
occultamento di un atto o fatto dal quale sorgerebbe  un  diritto  al
risarcimento  in  capo  alla  societa',  la  prescrizione  resterebbe
sospesa ex art. 2941,  n.  8,  c.c.,  e  pertanto  il  diritto  della
societa'  medesima  di  agire  verso  gli  amministratori  resterebbe
impregiudicato. 
    Lette le note e sentite le parti all'udienza del 25 giugno  2013,
il Collegio, ritenuto che  la  questione  sulla  prescrizione  e'  di
grande  rilevanza  per  la  definizione  del  giudizio,  che  e'   da
escludersi l'applicabilita' diretta, o analogica, della norma di  cui
all'art. 2941, n. 7 c.c., e che altresi' e' da ritenersi rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dalla attrice, deliberava  di  rimettere  la
questione medesima alla Corte costituzionale, con separata ordinanza,
e  quindi  sospendeva  il  giudizio  sino  alla  comunicazione  della
decisione della ridetta Corte. 
 
                            D i r i t t o 
 
    Va, in primo luogo, esclusa l'applicazione  diretta  della  norma
dell'art. 2941, n. 7, c.c. alle societa' di persone e, in specie, per
cio' che in questa sede interessa, alla societa' in nome collettivo. 
    Per quanto si possa - e si debba - ridimensionare  l'impatto  che
l'attribuzione  della  personalita'  giuridica  ha   sulla   concreta
disciplina di un ente  collettivo  e  a  prescindere  che  si  voglia
cogliere il tratto distintivo dell'ente personificato sul  piano  dei
rapporti esterni, ovvero su quello dei rapporti interni,  non  sembra
possibile, infatti, aderire a quella tesi - con un qualche seguito in
dottrina, ma  contrastata  dalla  giurisprudenza  dominante  e  dalla
stessa  Corte  costituzionale  -  che,  in  forza   di   una   totale
svalutazione   del   concetto   di   persona    giuridica,    predica
l'applicazione diretta della norma in esame anche  alle  societa'  di
persone. 
    Non foss'altro, appare di ostacolo a una  simile  conclusione  la
circostanza che il  legislatore,  nonostante  abbia  a  piu'  riprese
dall'emanazione del codice civile dettato regole che hanno  eliminato
alcune significative divergenze tra la disciplina degli enti dotati e
di quelli privi di personalita' (vedi, per tutti gli enti, la novella
degli artt. 2659, primo comma, n. 1, e 2839,  secondo  comma,  n.  1,
c.c.; con specifico riferimento agli enti del primo libro del  codice
l'abrogazione degli artt. 600 e 786 c.c.; con  specifico  riferimento
agli enti del quinto libro, la riforma delle societa' di capitali  e,
in particolare, della societa' a responsabilita' limitata del  2003),
non ha mai provveduto a riconoscere a  tutti  gli  «enti  collettivi»
l'attributo della personalita' giuridica. 
    Per quanto in questa sede interessa, a differenza  di  quanto  e'
accaduto in  ordinamenti  vicini  al  nostro  (in  Francia  tutte  le
societa'  commerciali  acquistano   la   personnalite'   morale   con
l'iscrizione nel Registre du commerce  et  des  societes),  la  legge
continua, quindi, ad attribuire la personalita' giuridica  alle  sole
societa' di capitali e alle cooperative. 
    Va, in  secondo  luogo,  esclusa  la  possibilita'  di  ricorrere
all'analogia per estendere l'applicazione dell'art. 2941, n. 7,  alle
societa' di persone. E cio' per l'assorbente  ragione  che,  come  e'
pacifico  (v.  Cass.,  12  giugno  2007,  n.  13765,   in   relazione
all'applicabilita' della sospensione della prescrizione all'azione di
responsabilita' contro sindaci e  direttori  generali,  e  anche  sul
punto qui affrontato Corte cost., 24 luglio 1998, n. 322),  le  norme
che prevedono  cause  di  sospensione  del  decorso  del  termine  di
prescrizione hanno carattere eccezionale. 
    Con  specifico  riferimento  al  caso  della  societa'  in   nome
collettivo - e'  il  caso  che  ci  occupa  -,  non  appare,  infine,
possibile ritenere applicabile anche a tale tipo sociale l'art. 2941,
n. 7, in forza della decisione della Corte cost. n. 322/1998  (cosi',
invece, ma, a  parere  del  Collegio,  non  correttamente,  Cass.  n.
13765/2007, in motivazione). Sebbene con  la  relativa  ordinanza  di
rimessione (v. Cass., ord. 12 febbraio  1997,  n.  127)  fosse  stata
sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941, n.
7, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., «... nella parte in cui  non
prevede la sospensione della prescrizione tra le societa' di  persone
(enfasi del redattore) ed i loro  amministratori  per  le  azioni  di
responsabilita' contro costoro finche' sono in carica», la Corte  ha,
infatti, limitato la sua pronuncia alla sola societa' in  accomandita
semplice. E non soltanto il dispositivo  della  sentenza  («La  Corte
costituzionale  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
2941, n. 7, del codice civile, nella parte in cui non prevede che  la
prescrizione rimane sospesa tra la societa' in  accomandita  semplice
ed i suoi amministratori, finche' sono in carica, per  le  azioni  di
responsabilita' contro di essi») e'  inequivoco  in  tale  senso,  ma
neppure la motivazione offre argomenti tali da consentire una lettura
diversa. Al contrario, in essa  si  ha  cura  di  puntualizzare  che,
nonostante l'ordinanza di rimessione abbracciasse tutte  le  societa'
di  persone,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  poteva
concretamente  essere  affrontata  soltanto  con   riferimento   alla
societa' in  accomandita  semplice,  «in  relazione  all'oggetto  del
giudizio a quo», che concerneva appunto tale tipo sociale. 
    Allo stato, dunque, pur considerando la sentenza «additiva» della
Corte costituzionale del 1998, alle azioni sociali di responsabilita'
promosse nei confronti  degli  amministratori  di  societa'  in  nome
collettivo non si applicherebbe  la  sospensione  della  prescrizione
prevista nell'art. 2941, n. 7, per le societa' munite di personalita'
giuridica e, al seguito dell'intervento dei Giudice delle leggi,  per
le societa' in accomandita semplice. 
    Alla luce di tutto cio', emerge la rilevanza della  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata nei presente giudizio  ai  fini
della decisione che il Collegio dovra' assumere.  Per  dare  adeguato
conto di cio',  e'  sufficiente  porre  in  evidenza  che,  essendosi
verificata l'interruzione della  prescrizione  con  la  notificazione
dell'azione di responsabilita' nei confronti del Pegoretti avanti  il
Tribunale di Trento, cioe' a dire il 1°  marzo  2010,  giusta  l'art.
2949, primo comma, c.c., risulterebbero prescritte, in assenza  della
dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2941, n. 7, le pretese
risarcitorie dell'attrice  concernenti  i  fatti  e  i  comportamenti
antecedenti al 1° marzo 2005, pretese che, a fronte  di  una  domanda
complessivamente  pari  a  € 8.587.917,99,  ammontano   a   circa   €
8.044.665,94. 
    Cio' rilevato, a parere del Collegio, la disparita' di disciplina
tra la societa' in nome collettivo e le altre  societa'  commerciali,
sopra   evidenziata,   non    troverebbe    giustificazione    alcuna
nell'ordinamento, con l'effetto che la norma dell'art.  2941,  n.  7,
nella parte in cui non include tutte le societa', dotate  o  meno  di
personalita' giuridica, e, in specie, la societa' in nome collettivo,
nel  proprio  catalogo,  appare  costituzionalmente  illegittima  per
violazione dell'art. 3 Cost. 
    Per  motivare  adeguatamente  tale  affermazione,  e'  necessario
procedere  dall'individuazione  di  quale  possa  essere  la  ragione
giustificatrice della sospensione della prescrizione prevista nel  n.
7 dell'art.  2941,  per  verificarne  la  tenuta  in  relazione  alla
differenza di trattamento che, per effetto della norma,  si  instaura
tra le societa' di capitali, dall'un lato,  e  la  societa'  in  nome
collettivo, dall'altro. 
        a) Come e' noto, secondo la tesi piu' risalente, tale ragione
andrebbe individuata  nella  sostanziale  coincidenza  tra  attore  e
convenuto che si verrebbe a determinare quando la  persona  giuridica
agisse nei confronti dei propri amministratori / rappresentanti. 
        b) Secondo altra tesi la sospensione  della  prescrizione  di
cui al n. 7 dell'art. 2941 si spiegherebbe con la considerazione che,
finche' sono in carica,  gli  amministratori  di  enti  personificati
sarebbero in grado di occultare i loro illeciti, e, comunque, sarebbe
difficoltoso per la persona giuridica averne contezza. 
        c) Secondo una terza tesi, che si  pone  in  una  prospettiva
analoga alla precedente, la ragione giustificatrice  del  trattamento
peculiare riservato alle  persone  giuridiche  andrebbe  rintracciato
nell'organizzazione di tipo corporativo, caratterizzata da una rigida
separazione  di  competenze   tra   organi,   tutti   egualmente   di
obbligatoria  istituzione,  che  sarebbe  tipica  esclusivamente   di
queste. 
    A ben vedere e concentrando l'analisi sui fenomeni societari, che
in questa sede interessano, nessuna delle rationes sopra ricordate e'
in grado di fornire una giustificazione logica del diverso regime tra
societa' di capitali e societa' di persone,  in  specie  societa'  in
nome collettivo, quanto al decorso del termine  di  prescrizione  per
l'esercizio dell'azione  sociale  di  responsabilita'  nei  confronti
degli amministratori. 
    E, infatti. 
    Sub a).  Premesso  in  generale  che  a  tale  tesi  si  potrebbe
obiettare che, per quanto qui  interessa,  la  legge  predispone  per
tutti i tipi sociali  disciplinati,  siano  essi  dotati  o  meno  di
personalita', rimedi, sia di carattere sostanziale (la  revoca  degli
amministratori), sia di carattere processuale (la nomina di  curatori
speciali), affatto in grado  di  ovviare  a  quell'inconveniente,  va
sottolineato che da decenni, infatti,  e'  ormai  acquisito  tra  gli
interpreti che anche le societa' di persone, al  pari  di  quelle  di
capitali,  lungi  dall'esaurirsi  nella   molteplicita'   dei   soci,
rientrano a pieno  titolo  tra  i  fenomeni  associativi  «a  rilievo
reale»,  o  «a  rilevanza  esterna»,  come  altri  preferisce   dire,
caratterizzati dall'autonomia patrimoniale,  seppure  differentemente
graduata,  dall'essere  soggetti  di  diritto   distinti   dai   loro
componenti e dall'avere ai loro centro  l'esercizio  di  un'attivita'
«metaindividuale»,  nel  senso  che  nei  confronti  dei   terzi,   a
prescindere da chi (e sulla base  di  quali  regole)  agisca,  e'  il
gruppo dei contraenti unitariamente inteso che emerge come produttore
di diritto comune nell'ordinamento ed e' al gruppo che gli  eventuali
risultati negativi  di  essa  vengono  imputati.  E,  quindi,  se  il
problema dovesse essere, come da  alcuno  si  ritiene,  quello  della
coincidenza   tra   attore   (la    societa')    e    il    convenuto
(l'amministratore), esso si presenterebbe  nei  medesimi  termini  in
tutti i tipi sociali, personificati e non. 
    Sub b). Per rendersi conto che la differenza di  trattamento  tra
societa' di capitali e societa' di persone, circa  il  decorso  della
prescrizione, non troverebbe giustificazione alcuna anche seguendo la
tesi di quanti ritengono che la sospensione di cui al n. 7  dell'art.
2941 si spieghi con la considerazione che, finche'  sono  in  carica,
gli amministratori sarebbero in grado di occultare i  loro  illeciti,
e, comunque, sarebbe difficoltoso per  la  persona  giuridica  averne
contezza, e' sufficiente porre niente alla disciplina  attuale  della
societa' a responsabilita' limitata, persona giuridica  a  tutti  gli
effetti, e, in particolare, all'art. 2476 c.c. 
    La previsione (secondo comma) che ciascun socio  ha  il  diritto,
anche  quando  siano  stati  nominati  il  collegio  sindacale  o  un
revisore, non soltanto di avere notizie  dagli  amministratori  sullo
svolgimento degli affari sociali, ma anche di consultare, se del caso
per mezzo di professionisti di fiducia, i libri  sociali  e  tutti  i
documenti relativi all'amministrazione,  in  una  con  la  previsione
(terzo comma) che l'azione sociale di responsabilita'  nei  confronti
degli amministratori e' esercitabile da ciascun socio, qualunque  sia
il peso della sua partecipazione, con la facolta' anche  di  chiedere
la  loro  revoca,  rendono  evidente,  infatti,  che  il  livello  di
trasparenza della gestione e gli  strumenti  di  reazione  alla  mola
gestio degli amministratori sono  addirittura  superiori  oggi  nella
societa' a responsabilita' limitata, rispetto a quanto  accade  nelle
societa' di  persone  e,  in  particolare,  nella  societa'  in  nome
collettivo. 
    Sub   c).   Quanto,   infine,   alla   giustificazione    fondata
sull'ipotizzato discrimine dell'organizzazione di  tipo  corporativo,
caratterizzata da una rigida separazione di  competenze  tra  organi,
tutti egualmente di obbligatoria  istituzione,  che  sarebbe  propria
delle societa' munite di personalita' giuridica, e che  difetterebbe,
invece, nelle societa' di persone, in specie nella societa'  in  nome
collettivo, ove - ma soltanto naturalmente, si badi -  tutti  i  soci
sono anche amministratori, anch'essa entra irrimediabilmente in crisi
ove  si  ponga  mente  alla  disciplina  attuale  della  societa'   a
responsabilita' limitata. 
    In tale tipo sociale, la rigida  separazione  di  competenze  tra
organi puo' cedere, infatti, il passo ad assetti  anche  radicalmente
diversi. E'  sufficiente  al  riguardo  considerare  la  disposizione
dell'art. 2479, primo comma, c.c., a mente del quale,  dall'un  lato,
e' l'atto costitutivo - e non la legge,  che  si  limita  a  indicare
soltanto quelle comunque riservate alla competenza dei soci  (secondo
comma dell'articolo) - a determinare su quali materie siano  chiamati
a decidere i soci, senza che un  limite  possa  essere  rappresentato
dall'attivita' di gestione, e, dall'altro e a  prescindere  da  cio',
qualsivoglia    argomento    concreto    puo'    essere    sottoposto
all'approvazione dei soci -  e,  quindi,  sottratto  alla  competenza
degli amministratori - sulla base della mera richiesta  anche  di  un
solo amministratore o di tanti soci che rappresentino almeno un terzo
del capitale. 
    E ancora, sotto altra  prospettiva,  e'  sufficiente  considerare
che, al pari di quanto accade  nella  societa'  in  nome  collettivo,
anche nella societa' a responsabilita' limitata si puo' prevedere  un
sistema di  amministrazione  non  collegiale,  bensi'  disgiuntivo  o
congiuntivo. 
    In definitiva, come viene sottolineato  dalla  generalita'  degli
interpreti, oggi la societa' a responsabilita' limitata, se  continua
a potere  essere  convenzionalmente  modellata  a  somiglianza  della
societa'  per  azioni,  puo',  pero',  venire   modellata   anche   a
somiglianza  della  societa'  in  nome  collettivo,   con   specifico
riferimento  all'organizzazione  e  ai  rapporti   tra   ente   -   e
collettivita' dei soci - e suoi gestori. 
    A parere del Collegio, nessuna  delle  rationes  che  sono  state
individuate per  spiegare  la  disposizione  dell'art.  2941,  n.  7,
appare, quindi, in grado di offrire elementi decisivi di  distinzione
delle societa' di capitali e, per effetto dell'intervento del Giudice
delle leggi, della societa' in accomandita  semplice,  rispetto  alla
societa' in nome collettivo, tali da giustificare  la  disparita'  di
trattamento tra le prime e le seconde quanto  alla  disciplina  della
sospensione della prescrizione dell'azione sociale di responsabilita'
nei confronti degli amministratori. 
    Analoghe apparendo le situazioni, in specie se si confrontano  la
societa' a responsabilita' limitata, dall'un lato, e la  societa'  in
nome collettivo, dall'altro, il mantenimento di quella disparita'  di
trattamento  rappresenterebbe  pertanto  una  palese  violazione  del
principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. 
    Sempre  a  parere  del  Collegio,  le  superiori   considerazioni
contribuiscono anche a fare ritenere non manifestamente infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941, n. 7,  anche
in  relazione  all'art.  24  Cost.,   risolvendosi   l'ingiustificata
disparita' di trattamento che essa introduce tra societa' di capitali
e societa' in nome collettivo  in  una  minorazione  del  diritto  di
difesa di questa seconda nei confronti degli  illeciti  compiuti  dai
propri amministratori.